Gonnosnò è un Comune appartenente alla Provincia di Oristano, con una popolazione di circa 900 abitanti, associato all’Unione di Comuni Alta Marmilla e aderente al Consorzio Volontario delle Due Giare.
Popolato sin dall’epoca nuragica, Gonnosnò e la sua frazione di Figu, vengono citati nei libri di storia della Sardegna perché primo paese nel quale nel 1678 venne fondato il Monte Granatico. L’origine del toponimo Gonnosnò indica probabilmente la presenza di un’altura, quasi certamente l’Altopiano della Giara e la zona collinare che circonda l’abitato (connessione della base prelatina "gon", "monte, altura" e neòs "tempio" o nèos "nuovo"). Sull'origine del nome della frazione di Figu vi sono invece due ipotesi: la prima che derivi dal nome del leggendario bandito Figu, la seconda, molto più probabile, legata alla copiosa presenza degli alberi di fico.
L’economia è prevalentemente agro-pastorale anche se il terziario e l’artigianato rivestono un importante ruolo.

Il Territorio

Il territorio di Gonnosnò rientra nell’area dell’Alta Marmilla. Posto ai piedi dell'altopiano della Giara, a 175 m sul livello del mare, esteso su un territorio di 15,47 km2, che comprende anche la frazione di Figu, vanta la presenza di aree di elevato pregio ambientale, una complessa e rilevante risorsa sulla quale incentrare le politiche di sviluppo del territorio.

L’ambiente ricco di biodiversità può rappresentare un interessante occasione di sviluppo economico; particolare attenzione viene rivolta alla valorizzazione delle risorse naturali dell'area nel tentativo di costruire un sistema che integri ambiente, cultura e produzione.
Il fine è creare un sistema di attività turistiche e ricreative tramite interventi di miglioramento della fruibilità e della promozione delle unicità ambientali e naturali del territorio.

In epoca medievale Gonnosnò e Figu appartenevano al Giudicato di Arborea e, assieme ad altre ville, costituivano la curatoria di Parte Usellus.
Dopo il crollo del Giudicato, a seguito della sconfitta degli arborensi nella battaglia di Sanluri del 1409, Gonnosnò, insieme a tutto il territorio del Giudicato, passava sotto il diretto controllo della Corona d’Aragona, che lo infeudava alla famiglia dei Carroz, signori della Contea di Quirra. Nel 1603 la contea fu eretta a marchesato e assegnata in feudo ai Centelles de Riusech, famiglia proveniente dalla cittadina valenzana di Oliva.
In periodo sabaudo (1720-1861) la villa fu ceduta alla famiglia degli Osorio de la Cueva, alla quale venne riscattata, con la fine del regime feudale, nel 1839.

Dal 1859 al 1927 Gonnosnò fece parte del mandamento di Ales nel circondario di Oristano, in provincia di Cagliari. Nel 1928, con r.d. 15 aprile, n.978, divenne con l’ex comune di Figu, frazione di Baressa. Nel 1947, con d. lg.c.p.s. 20 agosto, n.976, venne istituito il Comune di Figu – Gonnosnò che comprendeva i territori appartenenti a questi due comuni prima della loro aggregazione a Baressa. Dal 1964, con l.r. 9 aprile, n.10, il Comune ha assunto la denominazione di Gonnosnò.

Monumenti

Le Chiese

Gonnonsò presenta diverse eccellenze artistiche e significativi luoghi che meritano una visita turistica.
Tra i luoghi piu' caratteristici e caratterizzanti senza dubbio si annoverano le Chiese di Sant'Elena e e la Chiesa della Natività di Maria Vergine.

La chiesa parrocchiale di Sant’Elena è molto antica, il suo campanile del 1645 è uno dei più antichi della Diocesi di Ales. Inizialmente la parte terminale del campanile era fatta a piramide con lastre nere in ardesia. Successivamente, verso la fine del 1600, la sommità del campanile fu modificata e venne realizzata una cupoletta rivestita con 800 tegolini colorati fabbricati dal maestro Agostino Cau, all’epoca fabbricatore di terre cotte di Gonnosnò. Questi tegolini nella metà degli anni settanta furono rimossi per problemi di umidità.

L’interno della chiesa è stata restaurato circa vent’anni fa. Tali opere furono effettuate per mettere in risalto i particolari in pietra, precedentemente intonacati.

All’interno di particolare interesse troviamo le due cappelle risalenti al 1690: la cappella di San Basilio e quella della Madonna del Rosario. Nella cappella di San Basilio fu realizzato un importante altare ligneo da falegnami locali e successivamente nel 1600 fu perfezionato e abbellito con intagli e dorature dal maestro cagliaritano Paolo Spinalis.

Il fonte battesimale risalente al XVII secolo ha un basamento realizzato in pietra e una bussola di copertura lignea con un sportello dipinto nel XVIII secolo. Il pulpito ligneo si regge su un piede a colonna in pietra con capitello realizzato in stile corinzio. Il presbiterio è delimitato da un’elegante balaustrata di pietra del XVIII secolo. L’altare maggiore di pietra, del XIX secolo, ha il paliotto di marmo policromo del 1700.

La chiesa di Figu
è dedicata alla Natività di Maria Vergine, situata in cima ad una collina fin dal 1624. In tempi molto antichi la porta principale della chiesa guardava a ponente: ciò si capisce da un'antica porta che si vede anche oggi murata dietro il presbiterio.

Ora la facciata della chiesa guarda a levante e leva a sinistra una bìfora con due campane. La porta maggiore è sormontata da un architrave monolito sagomato e squisitamente fregiato.

Archeologia

Di particolare interesse il Nuraghe Nieddiu che è situato nei pressi di Scala Pomposa (nella Giara) su uno sperone di basalto che sporge dall’altipiano per circa 30 m. Certamente tale nuraghe, vista la sua posizione, costituiva un poderoso sistema di difesa che permetteva l’avvistamento di qualsiasi pericolo. La struttura della torre del Nuraghe, minata ormai dal tempo e dall’incuria, è in opera poliedrica, domina, infatti, l’utilizzo di massi di basalto appena sbozzati ma disposti con cura. Oltre alla torre, il cui diametro è di circa 11 metri e, attualmente, un’altezza di circa tre metri, fino a poco tempo fa era visibile un contrafforte.

Oltre ai nuraghe, sono presenti nel territorio altre strutture risalenti a tale periodo. Sito importante e oggetto recentemente di scavi, è il Pozzo sacro di San Salvatore. Nell’area adiacente il pozzo sorgeva una chiesetta probabilmente di epoca Bizantina. A circa 300m. dal pozzo di san Salvatore sono situate “Is lapideddas”: quattro sepolcri megalitici del tipo tombe dei giganti disposti a pochi metri di distanza l’uno dall’altro.